La Colombina
Il convento della Colombina, già esistente nel 1140 ed abitato dai monaci Agostiniani,
passò successivamente ai Canonici Lateranensi, i quali non riuscirono a rispettare
l’obbligo di questuare per i carcerati. Venne quindi dato in commenda e, nel 1513,
fu unito all’ospedale di San Matteo. Nel 1539 il complesso venne concesso ai Padri
Somaschi che lo possedettero fino al 1810. L’orfanotrofio della Colombina è stato
studiato, dal punto di vista storico generale, la prima volta da Polo Noli ed in
seguito, in modo più approfondito, da Natalia Bertolino e dal padre Giovanni Bonacina.
Le complesse vicende progettuali dell’edificio settecentesco sono state affrontate
inizialmente da Alida Casali, riprese da Liliana Grassi e da Luisa Erba e successivamente
fatte oggetto di interessamento da parte di Susanna Zatti. Come testimoniato da
una planimetria anteriore al 1761 , l’orfanotrofio somasco occupava un lotto urbano
dalla forma irregolare e tendente al rettangolo, allungata in direzione est-ovest,
confinante a sud con diverse case e su tutti gli altri lati con pubbliche vie (le
attuali via Porta Marica, via Gambini e via Romagnoli), nel quale si susseguivano,
da ovest verso est, il giardino, la chiesa di Santo Spirito, a navata unica con
tre cappelle laterali su ogni fianco e abside poligonale, e l’orfanotrofio vero
e proprio, costituito da tre corpi di fabbrica intorno ad un cortile rettangolare,
al quale si accedeva da un portone con androne aperto verso nord.
Il corpo orientale, al centro del quale vi era una grande scale, ospitava al piano
terra la legnaia e la cucina e al primo piano quattro stanze, due sopra la legnaia
e due sopra la cucina. Il corpo settentrionale era costituito, da est verso ovest,
da un ampio refettorio al piano terra, un dormitorio al primo piano e un granaio
al secondo; continuava, sia al piano terra che al primo piano, con un lungo e stretto
corridoio affacciato a sud, che disimpegnava una scala e due stanze e terminava
con l’androne, che collegava il cortile alla pubblica via, e con due stanzette.
Il corpo occidentale, appoggiato a fianco della chiesa, era costruito da un portico
al piano terra e da una galleria al primo piano. Dal momento che l’orfanotrofio
era privo di corte rustica, sul lato meridionale del cortile si trovava la stalla.
I Somaschi erano entrati in possesso dell’ex monastero della Colombina nel 1539,
quando ne avevano ottenuto dall’Ospedale di San Matteo l’uso precario, reso poi
definitivo nel 1576 e confermato dalla Santa Sede mediante la bolla di Clemente
VIII del 25 gennaio 1599.
L’immobile, dopo un primo ampliamento nel 1567, grazie alla concessione da parte
del vescovo di Pavia Ippolito de Rossi dell’attigua chiesa di San Gabriele e di
alcune casette annesse, fu pressoché interamente ricostruito nell’arco di un secolo
e mezzo.
Già nel 1578 la cappella dell’orfanotrofio, priva di intonaco, piuttosto piccola
e con altare in mattoni, venne demolita, insieme con buona parte dell’edificio annesso,
per far posto ad una nuova chiesa, la cui fabbrica fu portata avanti per una trentina
d’anni, nonostante le difficoltà economiche, grazie al contributo spontaneo dei
religiosi Somaschi e alle elemosine dei fedeli, tra i quali si era distinta per
la particolare generosità la nobildonna pavese Bianca Beccarla d’Adda.
Venne consacrata il 7 luglio 1605 dal vescovo di Pavia Guglielmo Bastoni e dedicata
a Santo Spirito come la precedente.
Nel corso del XVII secolo fu progressivamente ingrandito l’orfanotrofio, occupando
anche terreni di proprietà della casa professa di San Maiolo, secondo la testimonianza
sia del Bossi, il quale scrive probabilmente nel primo ‘600, che di un documento
del 1772 circa.
Nel 1612 venne costruito il campanile e le stanze verso occidente e, tra il 1629
e il 1635, il corpo orientale. L’ala settentrionale, edificata nel 1630 secondo
il Bossi, nel 1682 fu frazionata in un corridoio e due stanze sia al piano terra,
che al primo piano.
Nel 1696 venne regolarizzata la facciata verso la strada e nel 1703 quella verso
il cortile.
Sempre nel 1703 furono costruiti la scala di marmo i poggioli di pietra con gabbia
di ferro, il portico coperto da volta attiguo al fianco orientale della chiesa e
la galleria ad esso soprastante.